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Pratiche alimentari. I cjalsòns ad Avoltri

I cjalsòns sono delle paste ripiene caratteristiche della cultura alimentare carnica, la cui forma e preparazione varia in relazione alle diverse vallate e alle pratiche culinarie di ogni famiglia. Piatto diventato oggi simbolo di un territorio rimane, nelle sue diverse varianti, testimone di un sapere tramandato di generazione in generazione. Un sapere al femminile che la preparazione del piatto dava l’occasione di condividere, sperimentare ed innovare: «Per noi era anche un modo di trovarsi. Una volta quando si facevano i cjalsòns difficilmente si era da soli a farli: arrivavano le varie zie, una preparava gli gnocchi e l’altra preparava il ripieno. Era un’occasione per stare assieme, per raccontarsi». A partire da questi ricordi, Tiziana Romanin, cuoca ed albergatrice di Forni Avoltri, impasta la sua ricetta il cui procedimento è stato documentato e fotografato. 
La preparazione riguarda inizialmente la lavorazione della pasta: Tiziana allarga la farina sulla spianatoia al centro della quale raccoglie le patate, passate nello schiacciapatate, due uova, un pizzico di sale e un filo d'olio. Impasta il tutto con le mani fino a formare una palla compatta e morbida che poi taglia in pezzi, leggermente più grandi di un gnocco. Con la pressione delle dita forma dei dischi al centro dei quali pone il ripieno. Il pistùm (ripieno), è preparato con ricotta fresca di malga, un pizzico di sale, uvetta e amaretti tritati, prezzemolo e cannella. Dopo aver piegato a metà i dischi per ottenere delle mezzelune, unisce le due estremità con la punta delle dita dando, al cjalsòn, la forma di un fiore: «la chiusura l’abbiamo imparata da una mia zia che sosteneva che questa chiusura gli permette di mantenere bene l’ont». Una volta cotti in acqua salata, Tiziana condisce i cjalsòns con l’ont (burro chiarificato), la ricotta affumicata e la cannella.      

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